La direttiva consente agli Stati membri di derogare ai suddetti diritti quando si tratta “di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo”. I medici che lavorano per la sanità pubblica italiana, tuttavia, sono classificati ufficialmente come “dirigenti” e/o “amministratori” senza godere necessariamente di prerogative dirigenziali o di autonomia rispetto al proprio orario di lavoro. Ne consegue un’ingiusta privazione dei diritti garantiti loro dalla direttiva sull’orario di lavoro.
La legislazione italiana contiene poi altre disposizioni e norme che privano i lavoratori della sanità pubblica del diritto ad un periodo minimo di riposo giornaliero e settimanale. La Commissione ha ricevuto numerose denunce relative al fatto che, a causa dell’errata applicazione della direttiva, i medici sono sottoposti ad orari di lavoro eccessivi senza un adeguato riposo.
Per tale ragione con provvedimento del maggio 2013 la Commissione Europea ha intimato all’ Italia, entro i due mesi successivi, di provvedere ad adeguarsi al rispetto di tali disposti normativi notificando alla Commissione le misure adottate per allineare la legislazione nazionale alla normativa dell’UE.
Purtroppo l’Italia non ha provveduto a dare applicazione alla normativa rendendosi inadempiente ed ottenendo in tal modo un deferimento innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Tale situazione ha procurato e continua a procurare in capo ai medici italiani una serie di disagi nell’espletamento della propria attività lavorativa nonché danni che possono assumere connotati patrimoniali ed economici diversi in virtù delle singole modalità di svolgimento del lavoro.
Per tale ragione è possibile rivolgersi al Tribunale del Lavoro allo scopo di ottenere una condanna al pagamento delle somme spettanti, condanna che nella maggior parte dei casi arriva a somme di importante entità.